Eccoci all’atteso nuovo prodotto della ABC, No Ordinary Family, con la nostra amata Julie Benz che come sapete ha il gradevole “hobby” di saltare immediatamente da una serie all’altra non facendo mai sentire la sua mancanza!
A cura di: natychan11
It’s Britney, bitch! Dopo mesi di attesa, intervallata dall’uscita di una quantità industriale di spoiler siamo finalmente arrivati al tanto atteso episodio su Britney Spears: ma attenzione, non si tratta solo una puntata celebrativa, perché la cantante stessa si è prestata ad un cameo , non certo ai livelli della sua comparsata in How I Met Your Mother, ma che comunque possiamo definire soddisfacente. La storia è piuttosto semplice: quando Will decide di iniziare una lezione su un certo Christopher Cross, emblema di una musica di un certo livello, l’intera classe si oppone, non solo perché Brittany creda che sia lo scopritore dell’America, ma perché come fa giustamente notare Kurt, loro in quanto adolescenti, non possono relazionarsi con un mondo adulto, ma troverebbero molto più congeniale ispirarsi ad un mostro sacro della cultura pop e, come proposto da un sondaggio su facebook a cui hanno risposto ben cinque persone, Britney Spears sarebbe un’ottima scelta. Peccato che Will non la pensi così, e per una volta è supportato da una Brittany che, contro ogni aspettativa, incredibilmente porta avanti un discorso logico e credibile. Infatti il suo secondo nome è Susan, e di cognome fa Pierce, quindi, per tutta la vita, a causa dell’assonanza (Brittany S. Pierce ha lo stessa pronuncia del nome della popstar), si è sentita in competizione con un qualcuno nettamente superiore al suo livello, e nel Glee club vorrebbe semplicemente essere se stessa, senza sentirsi inferiore. Il filo conduttore dell’episodio diviene Carl, il nuovo fidanzato di Emma, che è un dentista e sottopone i ragazzi del Glee club ad un controllo dentale dal quale risulta che Artie, Brittany e Rachel hanno seri problemi che devono essere sistemati. Sotto anestesia tutti e tre vedranno scene che modificheranno il loro modo di pensare, oltre a permetterci di vedere tre buffe versioni della cantante originale. Brittany, cantando I’m a slave 4 U, trova sicurezza in se stessa, capendo di essere più che una semplice oca svampita, nonostante le sue continue battute totalmente non sense ci facciano pensare il contrario: saranno stati i costumi dei scena dei video dei maggiori successi di Britney a fornirle l’illuminazione, ma quando si sveglia è davvero convinta di essere la nuova stella del Glee Club, pretendendo tutti gli assoli e rinfacciando a Rachel più volte di esserle superiore. Inoltre, diventa protagonista di una seconda fantasia, questa volta con l’amica del cuore/interesse amoroso Santana, che, con la solita faccia tosta che la contraddistingue, finisce, nonostante non ne abbia bisogno, per farsi anestetizzare da Carl, condividendo con Brittany forse la migliore scena della puntata e cioè la rappresentazione del video di Me against the Music dove ricopre il ruolo di Madonna. E qui potremmo parlare per ore della tensione sessuale tra le due ragazze, che viene ormai citata da parecchie puntate e che speriamo esploda il prima possibil; potremmo fare un collegamento con il bacio scambiato su Mtv tra Madonna e Britney che speravo credevo venisse riproposto, ma non sono stato accontentato. La bionda cheerleader è sempre stato un personaggio poco utilizzato, ed evidentemente gli autori si sono accorti di quanto il pubblico la adorasse, e le hanno concesso un intero episodio, che già dal titolo la vedeva protagonista. Ok c’è ancora il suo lato comico, sempre ben rappresentato da ottime battute, come quando è convinta di essere stata rapita dagli alieni, o parli dell’acconciatura di Jacob come fosse una nuvola ebrea o creda davvero che Finn possa volare, non cogliendo l’ironia delle cose. E ok, forse è proprio questo che la rende adorabile agli occhi dello spettatore; ma in questa puntata abbiamo visto ben altro, una ragazza che non è poi così scema, ma ha delle insicurezze e riesce alla fine anche a superarle, certo, sempre in un modo un po’ buffo e leggermente senza senso. Heather Morris poi sta iniziando a farsi valere sempre più sia come attrice, che come voce, viste le interpretazioni riuscite di questi pezzi. Per quanto riguarda Rachel vediamo come abbia dei problemi nella sua relazione con Finn, relazione che io continuo a trovare totalmente insopportabile. Lui sembra totalmente fregarsene, non la difende dai numerosi insulti e pensa solo a quanto sia triste e sfigato ora che non è più un giocatore di football (ok, io odio Finn, ma sta diventando proprio irritante). Sotto anestesia la ragazza diventa protagonista del video di Baby One More Time, con tanto di stessi completini provocanti e aderenti, che inizierà ad usare anche normalmente. Già, perché Britney l’ha ispirata a mostrare di più il suo lato femminile, a vedersi carina e a non vergognarsi di esserlo. Che poi vada in giro vestita come una zoccola è tutto un altro discorso. Infine Artie, l’ultimo a finire sotto il dentista, sogna una Britney vestita da cheerleader che rinfaccia a Tina come sia stata stupida a lasciarsi scappare un ragazzo come lui, intonando subito dopo Stronger, mostrando quindi come la rottura lo abbia reso più forte, e come ora sia in grado anche di entrare a far parte della squadra di football: infatti il coach Beiste, provando forse pietà per lui e Finn, diventato vittima delle angherie degli altri giocatori, li fa entrare in squadra, provocando l’ira di Rachel, convinta che lei e Finn possano stare assieme solo se entrambi loser, cercando di far scegliere al giovane tra lei e lo sport che gli da popolarità. Se da una parte qualcuno potrà trovare forzate queste scene oniriche, dobbiamo ammettere che esse sono comunque giustificate, come ci viene spiegato, dall’allucinogeno presente nell’anestesia. E dobbiamo anche ricordarci che siamo nel mondo di Glee, che ha il suo fascino proprio nel suo essere leggermente irreale e le spiegazioni DEVONO essere strampalate,altrimenti l’essenza stessa del telefilm andrebbe a perdersi. La battuta di Santana su come in fin dei conti sia assurdo che lei e Brittany condividano la stessa fantasia, è la presa di coscienza dei difetti della prima stagione ed una evidente strizzata d’occhio verso i fan che non chiedono logica e razionalità, ma solo autoironia e una costante presa in giro di un telefilm che così risulta essere molto più riuscito, evidenziando come molte cose debbano essenzialmente esser prese con più ilarità, senza mettere tutto sotto una lente di ingrandimento che rovinerebbe tutto tutta la “magia”. Will invece è alla prese con la gelosia verso Emma e il dentista e cerca in tutti i modi di opporsi al mettere in scena Britney Spears: diciamo che in questo caso lui rappresenta essenzialmente quella parte del mondo che vede la principessa del pop come trash, e si batte quindi per far conoscere ai giovani un cantante di qualità che ha vinto ben 5 Grammy, ma che ovviamente non sembra interessare nessuno. Ho apprezzato molto che gli autori abbiano pensato di mostrare anche quella parte del pubblico che non fa parte del mondo pop, ma che cerca qualcosa di più: in fin dei conti in una puntata sulla Spears è anche giusto ricordare che c’è di meglio in giro, nonostante in pochi riescano davvero a capirlo. Comunque durante tutto l’episodio viene più volte spinto sia da Emma, che da Kurt a lasciarsi andare, a perdere quei freni inibitori che gli impediscono anche di avere una relazione con la rossa. In una puntata con Britney Spears come perno, non potevamo non aspettarci del puro e sano trash, che qui viene incarnato da Sue e Jacob essenzialmente. Infatti quest’ultimo, da sempre innamorato di Rachel, vedendola in versione “birichina” la filma e si chiude in sala computer a trastullarsi un pò. Peccato che venga sorpreso da Sue, che non è affatto felice della cosa, vedendo in Britney Spears la provocazione del pop che porterà solo impulsi fuori controllo. Ed è proprio questo a far capire a Will che magari Britney Spears è quello che serve non solo ai ragazzi per farli esprimere, ma anche a se stesso per perdere le inibizioni, portandolo a decidere di esibirsi assieme al club, cantando una versione alternativa ma ben realizzata di Toxic. E in questa scena abbiamo il delirio generale: l’intera scuola impazzisce, una ragazza obesa che avevamo già visto nella puntata su Madonna se non sbaglio, inizia a lasciarsi andare con frasi imbarazzanti rivolte verso Will del tipo “fammi essere la tua Britney” e “voglio avere i tuoi bambini” e Jacob finisce col palpare il sedere di un ragazzo, che a causa della folta chioma aveva scambiato per una studentessa. A questo punto Sue, furente, fa scattare l’allarme della palestra costringendo tutti ad una fuga di massa. Peccato che la calca si diriga proprio verso di lei, calpestandola e costringendola a portare un collare. Alla fine comunque Will capisce che lasciarsi andare non è da lui, e dovrebbe semplicemente affrontare le cose con più tranquillità, mentre Rachel non vuole più essere un freno per Finn, ma intona una melodia in cui gli promette che lo lascerà esprimersi al meglio, rendendolo libero. E Brittany, beh, lei vuole tutti gli assoli e si prenota già per cantare l’ultimo successo di Kesha. L’episodio quindi risulta pienamente riuscito, forse anche più di quello su Madonna: abbiamo la presenza di tutto il cast, abbiamo il trash, abbiamo l’umorismo, abbiamo i risvolti morali che anche se un po’ finti e frutto di prese in giro, ci sono. Abbiamo Brittany in piena forma, abbiamo Britney Spears in carne e ossa, cosa possiamo volere di più? Che dire se non che questo si che è un episodio!
Note:
Ci sono cose nella vita che non vanno perse: l’uscita dell’ultimo cd di Gigi D’alessio, il nuovo video di gemmadelsud, il coyote che finalmente riesce a prendere Willy, la scelta del tronista di Uomini&Donne, ma soprattutto un episodio totalmente incentrato su Barney Stinson! Se pensate che ci sia qualcosa di meglio che guardare per venti minuti Neil Patrick Harris, beh, vi sbagliate di grosso. Barney è così unico nel suo genere, già dall’inizio dell’episodio, mentre inizia a raccontare della sua ultima avventura con una ragazza random e di come stesse per darle una “standing ovation”, fino a quando non ha ricevuto una notizia che lo ha sconvolto. Ecco la forza di Barney sta probabilmente nella sua spontaneità e nel modo di vedere le cose, soprattutto di vedere se stesso e porsi di conseguenza verso gli altri: è effettivamente convinto che i suoi amici non aspettino altro che sentire la fine del suo racconto, così che riescano a distrarsi dalle loro monotone vite, perché ritiene davvero che la sua sia davvero migliore. E ci piace per questo! Come non adorarlo poi quando, con il sorriso stampato sulla faccia, è convinto di riuscire a incastrare tutti gli amici per il trasloco, cosa che effettivamente riesce a fare, nonostante tutti prima lo prendessero in giro e non avessero la minima intenzione di dare una mano. L’episodio prende il volo quando tutti arrivano a casa di mamma Stinson, una adorabile Frances Conroy che tutti ricorderanno da Six Feet Under. Qui veniamo a conoscenza del passato di Barney, di come praticamente la sua vita sia stata caratterizzata da una bugia dopo l’altra, inventate dalla madre per cercare di proteggerlo dalle delusioni. Così Barney è davvero convinto di essere stato un giocatore di basket troppo forte e di essere stato cacciato dalla squadra perché avrebbe messo in imbarazzo i compagni, o che il suo ottavo compleanno sia stato un disastro perché il Ministro delle Poste aveva smarrito gli inviti. E se queste possono sembrare stupidaggini ben più seria è la questione dell’identità del padre, dato che lui è ancora convinto si tratti di Bob Barker, il presentatore televisivo visto qualche stagione fa. Ma a un certo punto lui e suo fratello James trovano una busta indirizzata ad un certo Sam Gibbs, contenente una foto dei due fratelli da giovani, con scritto “tuo figlio”. Anche in questo caso Loretta, dopo una scena stupenda in cui prima lancia un urlo dopo aver sentito quel nome, per poi far finta di niente, prova a mettere su una scusa così stupida da essere esilarante: ma lo è ancora di più la reazione di Barney, così felice di aver salvato il sindaco della città di TuoFiglio, che ha anche fatto costruire una statua in suo onore. James, che ormai è abituato alle bugie della madre, convince il fratello a partire alla ricerca di questo Sam, e così si scopre che è un signore afroamericano, evidentemente padre dello stesso James. Ma Barney, che finalmente ammette di aver capito di non essere figlio di Bob Barker, cerca di superare la delusione per non aver il trovato il suo di padre, facendo finta che Sam Gibbs sia anche il suo, e in realtà lui sia un “uomo di colore estremamente chiaro”. Questo è totalmente in character sia per continuità con gli anni passati, sia con quello che abbiamo scoperto su di lui nella puntata: il modificare la realtà a suo piacimento per vederne sempre ciò che più gli conviene è forse la caratteristica migliore e più divertente del personaggio, che ora acquista tutto un altro significato perché sappiamo essere dovuta ad una infanzia segnate da bugie. Seguono quindi scene divertentissime in cui Barney cerca di applicarsi al meglio in tutte quelle attività caratteristiche delle persone di colore, come quel particolare genere di musica o la corsa. Vederlo correre urlando “guarda come sono veloce papà”, mentre Sam e James stanno legando ti fa morire dalle risate, ma ti fa provare anche un po’ di tristezza per un personaggio che forse cerca solo suo padre. Alla fine comunque accetta di non essere figlio di Sam Gibbs, e dopo un confronto con la madre capisce che lei ha sempre cercato di proteggerlo dalle delusioni, e, rivedendo la sua vita sotto quest’ottica, decide di non voler sapere chi sia suo padre perché Loretta ha coperto benissimo quel ruolo. Anche se sono convinto che questa storyline non sia totalmente chiusa, perché vedere il padre di Barney deve essere inserito nella lista di cose da non perdere. Sullo sfondo abbiamo anche gli altri personaggi, che risultano comunque in netto secondo piano. Lily e Marshall vedendo la situazione a casa Stinson cercano di trovare un accordo su come crescere il loro futuro figlio, su quante bugie raccontargli e se rivelargli o no che Babbo Natale non esiste: una storyline un po’ noiosa in cui si salvano solo le solite battute sull’infanzia “da duri” di Marshall che lasciava a Babbo Natale non biscotti, ma dello stoccafisso. Ma mai noiosa quanto quella che vede coinvolti Robin e Ted, in cui la prima cerca di combinargli un appuntamento c on una collega mostrandolo però migliore di come in realtà sia, tranne che sul piano sessuale in cui sembra essere un mostro (ma con quella faccia da idiota non ci crede nessuno): seguono battute un po’ tristi in cui Robin cerca di sistemare la situazione scrivendo all’amica sms in cui cerca di svalutare Ted. Alla fine scopriamo che anche questa donna è stata descritta in maniera troppo esagerata, è “un dieci, ma basato su un'altra scala”, ma in fin dei conti questa storia non interessa proprio a nessuno. Perché How I Met Your Mother è uno dei pochi esempi di telefilm dove il protagonista potrebbe tranquillamente morire di una fine atroce e truculenta, senza che lo show ne risenta, anzi, se dessero più spazio a Barney sarebbe sicuramente un miglioramento. Ci troviamo di fronte ad una puntata davvero ben fatta, piena di momenti estremamente divertenti, ma con qualcosa di più che lo rendono un episodio epico
Ps. Ma quanto può essere trash un neonato vestito Dolce&Gabbana ?
Pps. Ma quanto era carino il Ministro delle Poste?
Ammetto di non amare particolarmente i procedurali, li trovo noiosi, ripetitivi, senza una minima trama di fondo che possa avere un minimo di interesse. Non riuscirò mai a capire come tutti questi polizieschi riescano ad avere così successo in America, mentre serie innovative e molto più interessanti vengano cancellate dopo pochi episodi. Bones invece, almeno per me, non ha mai fatto parte di quella categoria. Nell’ultima puntata avevamo visto il nostro gruppo dividersi per un anno: infatti Brennan partiva con Daisy verso le isole Maluku in cerca di scoperte antropologiche rivoluzionarie, Booth partiva per l’Afghanistan per addestrare nuovi soldati, Hodgins e Angela, finalmente tornati assieme, partono per la Francia, Sweets, amareggiato per la partenza di Daisy, si prende un anno sabatico, mentre l’unica a restare a Washington è Cam. Ed è proprio per lei che la squadra si dovrà riunire dopo sette mesi. Infatti le cose per lei non vanno molto bene, ha iniziato una sorta di crociata personale con una ricerca sui danni cerebrali riportati dai veterani di guerra e la cosa non piace ai piani alti dell’FBI, che, per non creare scandali la vogliono licenziare dal lavoro di coroner per incapacità: non riesce infatti ad identificare l’identità di un cadavere a causa dell’inefficienza del suo nuovo staff e viene per questo costantemente bersagliata da giornalisti e dall’opinione pubblica, che vuole sapere se il corpo sia del piccolo Logan Bartlett. Così Miss Julian decide di richiamare tutti i componenti del team per cercare aiuto, nonostante manchino ancora quattro mesi al loro ritorno. Così vediamo Bones e Daisy, che dopo sette mesi, non hanno ottenuto alcun risultato, se non quello di attirare criminali, mentre Booth non è affatto soddisfatto di quello che sta facendo, soprattutto quando salva un bambino appena rapito, e non può fare a meno di pensare a suo figlio, Parker. Così tutti decidono di tornare, e come si erano promessi subito prima della partenza, Booth e Brennan si incontrano nel luogo che avevano scelto. Qui, mentre discutono delle loro rispettive avventure, il poliziotto mostra la foto della sua nuova ragazza, una certa Hannah. Quando tutta la squadra si riunisce vediamo come il laboratorio non sia più al Jeffersonian, ma si sia spostato in uno scantinato squallido e mal ridotto. Inizia così l’indagine che ci porta a scoprire che l’identità del bambino è diversa da quella che ci si aspettava: non si tratta infatti del piccolo Logan, ma di un bambino asiatico. Dopo la solita indagine fatta di intuizioni basate sul ritrovamento di prove, scopriamo che il bambino in realtà non sia stato ucciso, ma sia morto a causa di un incidente e seppellito dalla madre, una Nord Coreana, che aveva paura della polizia. Questo però non ci dice che fine abbia fatto il piccolo Logan, e quindi Booth decide di proseguire l’indagine, che lo porta a capire che in realtà il bambino è ancora vivo, ma è stato rapito dal padre più che altro per ferire la sua ex moglie. Quello che mi piace in Bones è che la trama in fin dei conti è solo un espediente per permettere ai personaggi di interagire: infatti sebbene il telefilm non mostri evidenti trame orizzontali, tranne se escludiamo la presenza di due serial killer che hanno impegnato più episodi nell’arco dei sei anni, quello che mantiene interessante l’arco narrativo è proprio il rapporto tra loro. E non parlo solo di Booth e Brennan: ok loro hanno questa relazione platonica che ormai va avanti dal primo episodio e ogni volta che sembra arrivato il loro momento, si torna subito indietro come nel centesimo episodio andato in onda lo scorso anno, ma è tutto il gruppo a fare la differenza. Come afferma Cam infatti all’inizio della puntata, quando sfoga verso Bones tutta la rabbia che ha verso di lei per aver rotto il gruppo sette mesi prima, e per aver quindi portato via “qualcosa di così bello”. Infatti è stata essenzialmente la sua decisione di partire per le isole Maluku a portare l’allontanamento del resto del gruppo. Per quanto riguarda gli altri personaggi ho apprezzato molto come sia stato trattato il rapporto tra Angela e Hodgins, soprattutto ora che lei aspetta un bambino: i due sono hanno finalmente raggiunto un punto di stabilità e decidono di rimanere negli States, nonostante sentano la mancanza della capitale europea, per permettere al futuro figlio di poter nascere negli Usa e all’entomologo di continuare a fare quello che adora, il suo lavoro. Booth invece mi è sembrato meno convincente del solito, soprattutto quando va a mostrare a tutti la foto della sua nuova ragazza, quando è stato sempre piuttosto restio in queste cose. E che sia ancora preso da Bones è evidente da subito, già da quando appena si vedono le chiede se abbia trovato qualcuno nei sette mesi passati, non certo la prima domanda che fai se non hai un minimo interesse. La nuova ragazza sarà solo un freno per le prossime, uhm, 10 puntate, tanto per aumentare un po’ la tensione sessuale tra i due protagonisti, sperando che questo sia l’anno buono (anche se ho seri dubbi al riguardo). Per quanto riguarda Sweets, è stato davvero divertente vederlo con il suo nuovo look suonare in bar di periferia, ma mi piace il fatto che resti sempre il solito tenero, piccolo e un po’ tonto strizzacervelli, ancora ferito dall’abbandono di Daisy. Ed è totalmente nel personaggio cercare di allontanarla, cosa razionalmente esatta, per poi ricadere tra le sue braccia alla prima occasione. Ho anche apprezzato come si siano ricordati degli assistenti di Brennan, che sono spariti tutti per motivazioni valide o esilaranti, ad eccezione di Wendall che spero resti più tempo possibile visto che era il mio preferito. Infine Cam è stata forse quella che ho preferito: la sua determinazione nel voler portare avanti una battaglia personale, la rabbia contro Brennan per aver lasciato tutto così su due piedi influenzando non solo il loro lavoro, ma anche la riuscita dei casi perché diciamolo, questa squadra è la migliore nel campo, cosa che viene sottolineata più volte, anche dal fatto che riescano i risolvere un caso in una giornata, mentre il team di inesperti in due mesi non aveva raccolto mezza prova . La conclusione poi è perfetta, la squadra è tornata al completo e quindi l’unità forense del Jeffersonian può riaprire, nonostante il loro vecchio laboratorio sia ora occupato dalla riproduzione di un Mammut (siamo sempre all’interno del più prestigioso museo/centro di ricerca degli States). La scena finale con tutti i membri del cast, Miss Julian compresa, che ricopre in questo episodio il ruolo di perno, colei che fa tornare tutti a casa, rappresenta quello che è il telefilm stesso. Questa è una premiere perfetta, dove si riprendono magistralmente gli sviluppi della scorsa stagione dandogli una conclusione. Non si tratta infatti di un semplice ritorno alla normalità, ma della scelta dei personaggi di riavere quello che è meglio per loro: infatti sono stati proprio quei mesi di lontananza a riportarli tutti al luogo di partenza, ma con una consapevolezza maggiore e una nuova maturità. Così si evidenzia uno sviluppo che in molte altre premiere dell’anno è stato difficile trovare. E il fatto che ci troviamo di fronte ad un procedurale ci fa capire come questo sia essenzialmente differente dagli altri: non solo è sempre capace di non annoiare proponendo casi spesso assurdi che riflettono la realtà, altri programmi televisioni, reality show, mantenendo a quel livello una estrema autoironia, ma è capace di trattare i suoi personaggi su un piano superiore, ponendoli vicini allo spettatore, e caratterizzandoli come una vera e proprio famiglia. Posso davvero dire che questo si che è un episodio
Lunedì scorso è andato in onda sulla NBC uno degli show più attesi della stagione, venduto già in più di 200 paesi e addirittura trasmesso in Italia in contemporanea. Cose dell’altro mondo in pratica. C’era molta curiosità attorno a questo The Event, stimolata da interessanti trailer che ci facevano vedere cosa NON fosse questo fantomatico evento. Nessuno sapeva cosa aspettarsi, se non una valanga di misteri, sperando che il telefilm non facesse la fine di Flash Foward, di cui raccoglie in parte il testimone. Lo so, la recensione sarebbe dovuta uscire prima, visto che tra poche ore in America ci sarà la seconda puntata, ma parlare di un telefilm del genere è complicato, soprattutto se ci troviamo di fronte ad un pilot del genere. Infatti questo è piuttosto complesso sotto un punto di vista narrativo perché è caratterizzato dall’alternarsi di momenti del presente, con scene di giorni, settimane e anche mesi prima, tutte incastrate tra loro. L’episodio inizia con una confusione generale dovuta a qualche sorta di incidente che sta per avvenire; vediamo come ventitre minuti prima il nostro protagonista, Sean Walker, si trovi su un aereo che sta decollando, mentre una macchina scura cerca di raggiungerlo. Con uno stacco di scena ci ritroviamo a circa undici giorni prima, dove conosciamo Leila la ragazza di Sean e la sua famiglia tra i quali spicca Mike, interpretato da Scott Patterson che tutti ricorderete in Gilmore Girls e nello sfortunato Aliens in America: la coppia si sta preparando a partire per una crociera, dove il ragazzo ha tutta l’intenzione di chiedere la mano della fidanzata, avendo anche ricevuto la benedizione del padre. Tornati al decollo scopriamo come la macchina nera sia guidata da Simon Lee, che cerca a tutti i costi di bloccare la partenza del velivolo: è subito evidente come lui sappia qualcosa, come ci viene mostrato subito dopo in una scena ambientata tredici mesi prima, in un monte sperduto dell’Alaska, sede di una prigione dove Simon parla con Sophia una detenuta: i due discutono di un certo William, che sembra voler rivelare a non si sa bene chi dell’Evento, che quindi è qualcosa di ben definito e di cui è a conoscenza di un ristretto gruppo di persone. Di seguito vediamo come Sean e Leila si stessero divertendo nella crociera, otto giorni prima, e abbiano conosciuto grazie ad un incidente un’altra strana coppia con cui Sean va a fare una escursione. Di nuovo sull’aereo Sean si avvicina alla cabina di comando e tira fuori una pistola, con la speranza di riuscirvi ad entrare, attirando però un agente che si trovava a bordo e che riesce subito a disarmarlo. Così Sean spiega che lui è lì perché sta per succedere qualcosa nella cabina piloti e infatti subito l’aereo perde quota e inizia una brusca discesa. Senza concedere distrazioni o pause allo spettatore veniamo a conoscere un altro personaggio che sarà fondamentale nella storia, il Presidente degli Stati Uniti Elias Martinez, che si ritrova a parlare con i suoi sottoposti di una conferenza stampa in cui sta per annunciare una scomoda verità tenuta nascosta per molto tempo. E se vi state chiedendo di cosa si tratti ci pensa un flashback di dodici mesi prima a spiegarvelo: il presidente è venuto a conoscenza di una certa prigione dell’Alaska, che contiene 97 prigionieri tenuti in condizioni disumane e decide quindi di intervenire. Torniamo a casa dei genitori di Leila, otto giorni prima, dove rivediamo Mike chiamare la figlia; questa volta però la scena continua e vediamo come dei criminali entrino nella casa, rapiscano la figlia più piccola e probabilmente uccidano la moglie. Ma non si tratta solo di loro, perché Sean, rientrato dall’escursione non solo non riesce più ad entrare nella sua camera, ma la sua presenza sembra essere stata cancellata e non c’è più traccia di Leila. Si giunge quindi al finale, dove vediamo come in realtà il pilota dell’aereo che sta precipitando sia Mike stesso, e Sean dal telefono fuori la cabina, tenti di dissuaderlo dal compiere questa azione perché Leila non approverebbe e insieme riusciranno a trovare un modo per ritrovarla. Vediamo quindi come l’aereo si stia dirigendo verso la sede della conferenza stampa dove si trovano sia il Presidente Martinez, che Sophia, evidentemente in rappresentanza della prigione. Ma mentre l’aereo sta per schiantarsi entra in quello che sembra essere un portale e sparisce. L’ultima scena vede Sophia affermare come “loro li abbiano salvati”, e quando il presidente le chiede qualcosa, lei risponde “I haven’t told you everything”, titolo dell’episodio e probabilmente caposaldo dell’intera serie. Ora, giudicare un prodotto del genere ad una prima visione e soprattutto con una sola puntata è davvero impossibile. Mi è piaciuto molto il preciso incastro delle scene, non scontato, difficile da realizzare, ma efficace da un punto di vista narrativo per portare avanti i vari colpi di scena. Ho apprezzato come già da subito gli autori non rendano facile la visione da parte del pubblico, che non può quindi perdere nemmeno un momento: distrarsi è impossibile e la voglia di sapere cosa stia succedendo è un ottimo motivo per tenere incollate le persone davanti allo schermo. Inoltre sembra già da subito che gli autori non tentino di accumulare misteri uno dopo l’altro, ma cerchino di spiegare passo dopo passo cosa stia succedendo, dando risponde e ponendo subito nuove domande. Mi piacciono molto i personaggi interpretati da Laura Innes (E.R.) e Zeljko Ivanek (Heroes) che sembrano quelli, per ora, più interessanti. Al contrario del protagonista, interpretato da un Jason Ritter che non mi sembra essere troppo convincente e che non so quanto possa reggere uno show del genere. Non capisco poi come sia stato possibile per Sean imbarcare una pistola su un aereo, visti i controlli che ci sono. E dire che l’aveva anche addosso, i metal detector a cosa servono allora? Quello che forse mi ha convinto meno è la svolta fantascientifica finale che io personalmente non mi aspettavo. Se volete darmi un telefilm con una cospirazione, fatelo in maniera seria, non aggiungete elementi sci-fi che potrebbero complicare troppo le cose, o almeno, se volete farlo, non presentatelo solo come una cospirazione di livello mondiale. Voglio proprio vedere come giustificheranno tale scelta, e cosa sia successo ora all’aereo e alle persone a bordo; e questo è solo uno degli interrogativi che gli autori hanno promesso di svelarci già dal prossimo episodio. Speriamo quindi di trovarci di fronte ad un telefilm che riesca ad appassionarci, e farci aspettare ogni settimana con ansia una nuova puntata. Per ora sembra valerne la pena, ma è ancora presto per poterci sbilanciare.
Se guardate Grey’s Anatomy non potete non aver notato come da quattro anni, in almeno due episodi per stagione arrivino dei personaggi sconosciuti che interagiscono con i medici di Seattle Grace come se si conoscessero da una vita, nonostante voi li abbiate visti solo una volta. Ecco, loro sono i protagonisti di Private Practice, il primo e si spera unico spin-off del medical drama. Dico unico perché nonostante le premesse iniziali Shonda Rhimes ha dato vita probabilmente al primo trash drama che possa essere definito come tale. Avevamo lasciato i nostri medici a dover affrontare la morte di Dell, con Addison che finalmente aveva deciso di non lasciarsi scappare l’occasione di avere una relazione con Sam, Cooper che aveva chiesto a Charlotte di sposarlo e Pete e Violet che erano riusciti a riavvicinarsi e tornare assieme. L’episodio si apre con una pacchianissima scena in slow motion nella quale sia la coppia formata da Charlotte/Cooper che quella composta da Violet/Pete fanno sesso, parlando di cose un po’ senza senso: infatti mentre i primi discutono del luogo e di chi celebrerà il matrimonio, gli altri decidono di sposarsi entro la settimana, così all’improvviso. Ora non è per dire, ma cavolo, due mesi prima vi scannavate in tribunale per avere la custodia di vostro figlio, siete tornati assieme una settimana fa e adesso già decidete di sposarvi? Se il non sense inizia dopo nemmeno 2 minuti la puntata promette bene. E infatti subito dopo tutti si ritrovano davanti la lapide di Dell, che viene definita come “così carina, gli sarebbe piaciuta molto”: una persona normale immaginerebbe chissà quale architettura spettacolare e di alta tecnologia, invece no, è un minuscolo quadrato di nemmeno 30 cm per lato. Qui, invece che parlare del lutto, o comunque essere un minimo tristi per la morte di un loro caro amico, iniziano a spettegolare nemmeno ci trovassimo nel peggiore bar di Caracas. Pete e Violet annunciano il loro matrimonio, e tutti sono così felici per loro, Addison compresa, che era stata con il tizio fino a dieci giorni prima. Ora, non per qualcosa, ma se dieci giorni prima il tuo compagno ti molla e subito dopo ti annuncia che sposerà un’altra persona, voglio vedere quale essere umano sano di mente possa provare tutta questa gioia. Non dico che avrebbe dovuto ucciderlo, ma che ne so, almeno un pugno in faccia, uno sputo nell’occhio. Quanto mi manca la Addison un po’ stronza dei primi anni di Grey’s Anatomy: di lei è rimasto solo il rosso acceso dei suoi capelli purtroppo. Tornati in clinica affrontiamo il primo caso della puntata: in pratica una coppia chiede l’aiuto di Naomi per avere un bambino, attraverso l’inseminazione artificiale e l’utilizzo di un utero in affitto. Il problema nasce dal fatto che i due avevano già avuto un bambino, morto quando aveva cinque mesi. Morto perché il padre lo aveva dimenticato in macchina, come racconta lui in una scena che dovrebbe essere commovente. Ma se ti giustifichi dicendo che hai la tua routine ogni mattina e ti dimentichi tuo figlio perché il passeggino in macchina è girato e lui dormiva, non puoi aspettarti che qualcuno provi pietà per te, al massimo può pensare che sei un idiota perché nessuna causa di forza maggiore può giustificare il fatto che hai ammazzato tuo figlio. E qui scatta il dubbio etico di Addison che non sa quanto sia giusto dare una seconda possibilità a una coppia del genere, nonostante Sheldon da psichiatra ritenga che i due siano pronti. Ma se pensavate che tutto questo fosse già abbastanza trash vi sbagliate, perché la donna che dovrebbe portare in grembo la creatura nonostante tutto, lo fa perché anche lei ha ucciso suo figlio allo stesso modo e spera di poter aiutare una coppia che ha passato il suo stesso inferno. E un WTF? qui ci sta tutto. L’altro caso riguarda sempre le seconde possibilità, perché abbiamo Kevin, paziente che ha necessariamente bisogno di un trapianto di rene per sopravvivere e quindi chiede l’aiuto del fratello che potrebbe donargli il suo: peccato che il fratello sia ritardato e quindi nasce un altro dubbio etico. Può una persona con ritardo mentale essere cosciente dei rischi e di quello che comporta un’operazione del genere? Comunque alla fine Addison decide di aiutare i Walker ad avere il loro secondo figlio, e Ryan dona un rene al fratello. Peccato che per quest’ultimo si verifichi un caso di rigetto e quindi l’intervento sia stato inutile. Quello che Private Practice tenta di fare, più del telefilm da cui origina, è cercare di creare dilemmi etici di una certa rilevanza, peccato che da tre anni ormai ci offra più situazioni di trash gratuito che veri spunti di discussione. I personaggi poi risultano essere sempre fastidiosi e un po’ estremizzati. Prendiamo Violet, che decide di sposarsi salvo poi giunta all’altare fuggire ed essere convinta a tornare da Pete con un solo sguardo. Lo stesso Pete che alla fine dell’episodio ammetterà di non sapere come andrà questo matrimonio perché lui “non è bravo in questo”. Ma stai scherzando vero? Pensarci qualche minuto prima era troppo difficile vero? Sembra quasi che i personaggi compiano azioni per inerzia, non perché siano convinti davvero di quello che stanno facendo. La stessa Addison ha iniziato questa relazione segreta con Sam, quando non avrebbe nessun motivo per nasconderla e voglio vedere fino a quando andranno avanti con questa storia. Amelia poi, il nuovo acquisto, ha solo il ruolo in questa puntata di ricordarci cosa sia successo al fratello Derek a Seattle: casualmente non si sentono da molto, casualmente si sente in colpa e guarda un po’, decide di andarlo a trovare preparandoci per il primo forzatissimo cross over della stagione. L’unico personaggio che continua a salvarsi è Charlotte: decisa, arrogante, spigliata e senza peli sulla lingua. Fino a quando continuerà a pronunciare con frasi del tipo: “Mi preparo per tirare via un rene da un uomo ritardato che non sa fare niente di meglio. Aiuto la gente io” non potrò non adorarla. Come anche Sheldon, che ancora scottato per la rottura con Charlotte ogni volta che la vede “vorrebbe tirare un pugno a un cucciolo”, che uomo virile. In definitiva se siete amanti del trash ne vale la pena, solo per domandarvi come facciano a inventarsi cose del genere ogni settimana.
Superantural è un telefilm che è sempre stato apprezzato per essere riuscito per anni a portare avanti trame orizzontali sempre ben organizzate, soprattutto tra le varie stagioni. Era evidente ci fosse un progetto dietro che, come aveva detto il creatore stesso, era stato ideato per durare cinque stagioni. In fin dei conti, una volta che hai sconfitto il Diavolo, si quello vero, cosa altro ti resta da fare? Eppure la Cw, visti gli ascolti imbarazzanti delle altre sue creature è riuscita a rinnovarlo per un sesto anno (e Dawn Ostroff afferma già di avere tutta l’intenzione di continuare ancora, facendo crescere in maniera esponenziale l’enorme collera che proviamo verso di lei), nonostate Eric Kripke si sia tirato indietro, passando il timone a Sera Gamble, che nonostante sia presente dall'inizio, almeno vedendo questa premiere, non è assolutamente all’altezza del ruolo. L’episodio inizia un anno dopo la fine della scorsa stagione, e troviamo un Dean ancora piuttosto scosso che si ritrova a vivere un’esistenza piuttosto tranquilla, con Lisa e il piccolo Ben; lavora come carpentiere, ha messo al chiodo fucili e acqua benedetta, gira con un furgoncino familiare e si trova a frequentare i tipici abitanti noiosi di quartieri residenziali. La solita routine viene spezzata quando Dean inizia a notare che c’è qualcosa che non va, trova strani segni sui muri ed è convinto che nella zona ci siano delle persone scomparse. Le vecchie abitudini in fin dei conti non muoiono mai, e per lui, che tiene ancora una pistola sotto il letto, è il momento di tornare a cacciare almeno per mantenere al sicuro quella che può essere definita la sua nuova famiglia. Le ricerche comunque sembrano non dare frutti, fino a quando nel garage compare lui, lo Yellow Eyed Demon. Per fortuna questo momento WTF? dura poco perché arriva subito Sam che inietta nel fratello una strana sostanza bianca, facendogli perdere i sensi. Al suo risveglio, dopo che il minore spiega come Dean sia stato colpito dal veleno di un djinn, inizia il duro confronto tra i due. Come è ben comprensibile Dean non capisce come Sam abbia potuto tenergli nascosto il suo ritorno per un anno intero; questo si giustifica dicendo che in fin dei conti quella che stava vivendo era la vita migliore per Dean, finalmente fuori dal mondo dei cacciatori. Inoltre Sam non agisce da solo, ma con altri tre hunters, suoi lontani parenti tutti radunati da Samuel che molti ricorderanno essere già apparso in passato: infatti è il nonno materno dei Winchester. Anche lui, come Sam, è stato riportato in vita non si ancora da chi/cosa. Nonostante la situazione familiare non sia ancora ben risolta i cacciatori decidono di eliminare i djinn, dopo aver portato Lisa e Ben al sicuro da Bobby e veniamo a sapere che anche quest’ultimo era al corrente del ritorno di Sam. Alla fine abbiamo lo scontro con le creature, ma mentre due vengono eliminate dai fratelli, la terza viene catturata da nonno Samuel a loro insaputa e questo ci spinge a pensare che ci sia ben altro dietro a questa riunione di famiglia. L’episodio si conclude con la scelta di Dean di restare a fianco di Lisa e Ben, e non tornare a cacciare con Sam, ma sappiamo tutti che sarà solo una questione di tempo. L’impressione generale è che Supernatural dovesse finire l’anno scorso, in una stagione che già mostrava parecchi segni di cedimento. A partire dalla sigla, pacchiana come non mai, di un celestino orribile, e dall’assenza del consueto “The road so far” che ormai era diventata un’abitudine, notiamo come ci sia qualcosa che non va. Quello che più mi ha deluso è il comportamento di Sam, che da quando aveva osservato Dean all’esterno della finestra, è sparito per un anno: l’essenza del telefilm sta proprio nel rapporto di dipendenza estrema tra i due fratelli ed è inaccettabile la scelta di nascondere il ritorno dei uno due all’altro, che quindi risulta non solo poco credibile, ma totalmente out of character. Quando due anni prima Dean era morto, Sam stava quasi impazzendo per trovare un modo per salvarlo dalla brace infernale e quindi sapeva benissimo come poteva sentirsi il fratello, essendoci passato lui in prima persona. E non c’è scusa che tenga in questo caso: è stato un errore enorme. Il suo ritorno, assieme a quello di Samuel, dovevano essere gestiti in maniera migliore: ok capisco la necessità di creare suspense e stimolare la curiosità del telespettatore, ma così sembra una cosa assolutamente normale e di poco conto, quando evidentemente non lo è. Due anni prima infatti il ritorno di Dean era stato gestito in maniera decisamente migliore, lasciando comunque i fan con mille domande. Poi posso capire la voglia di auto citazionismo, ma era proprio necessario usare in maniera così insulta e banale lo yed? Non ne avevamo avuto abbastanza? E soprattutto, è sempre necessario usare questo incendio del soffitto per affliggere i due fratelli? Cavolo, siete scrittori, trovate modi alternativi e nuovi. Per fortuna almeno il personaggio di Dean sembra essere credile, non solo come reazioni alla scoperta della resurrezione del fratello, con una rabbia totalmente giustificata, ma soprattutto nel rapporto con Lisa e Ben: la scena iniziale infatti è uno dei pochi momenti che salvo della puntata e la contrapposizione tra quello che sta vivendo ora, con i flashback del passato con Sam crea un ottimo contrasto tra i due diversi modi di vivere e crea anche una sorta di empatia con il personaggio, simpatia suscitata anche dall’ottima recitazione di Jensen Ackles, che è ad un livello troppo superiore a Jared Padalecki. Il cattivo, o meglio, i cattivi dell’episodio poi sono totalmente insulsi, piuttosto incapaci e lontani dai livelli dei mostri delle altre premiere: la sensazione generale è infatti quella di trovarsi davanti ad uno dei filler peggio riusciti della prima stagione, quando le trame orizzontali non erano ancora sviluppate e questo non può che essere un brutto segno. Mai il termine “minestra riscaldata” è stato più azzeccato: dopo aver sconfitto praticamente di tutto gli autori non possono usare la solita scusa del “in questa stagione torneremo alle origini, daremo importanza alla famiglia” perché le origini del telefilm sono state la parte più brutta dell’intera serie e qui ci troviamo a livelli ancora più bassi. Io spero di sbagliarmi, spero di vedere una trama avvincente e prego quasi in ginocchio per avere una motivazione plausibile e intelligente per giustificare il ritorno di Sam, motivazione che dovrebbe arrivare anche a breve, non fra venti puntate. Spero che Supernatural torni ad essere il telefilm che ho adorato il quarto anno, ma l’aver preferito la premiere di Smallville a questo Exile on Main St. per me è davvero imbarazzante e rende l’episodio ‘na merda.